In vacanza in Calabria tra vino e amici d’adolescenza by Giuseppina Andreacchio

Ho conosciuto i signori Librandi un paio di anni fa quando fui loro ospite durante un evento/degustazione per giornalisti ed ebbi l’onore di accompagnare Nicolas Belfrage in quel viaggio. Mi fu così possibile visitare la loro meravigliosa realtà in una terra, la mia, che vista dalla lontana Inghilterra mi appariva sfortunata, violentata e dimenticata. Rimasi colpita dalla gentilezza e professionalità dei signori Antonio e Nicodemo Librandi, dalla vitalità e solarità del figlio, Paolo, dotato di grande capacità comunicativa. Due giorni organizzati in modo perfetto, con degustazioni, visita alla cantina e ai vigneti dove Nicodemo ci spiegò con entusiasmo il territorio, i vitigni e le loro continue sperimentazioni.  A dire il vero io che sono calabrese non avrei mai immaginato che ci potesse essere un’azienda vinicola così all’avanguardia, così internazionale, così attenta e decisa a portare avanti progetti di innovazione in una regione, ultima in Italia, che ha condizioni climatiche e territoriali ottimali per la crescita e la maturazione delle uve da poter essere, senza offesa per nessuno, la prima in classifica.Mi sembrava di essere in un’altra regione, in un altro mondo, dove si respira aria di volontà di rinascita e riscossa contro il diffuso sentimento di angoscia e muta rassegnazione che vige nella maggior parte di questa terra, bella e maledetta. Allora rincuorata, mi sono fermata a pensare che forse ancora qualche possibilità esiste per noi..…Possiamo ancor sollevare le sorti della nostra regione se fossimo tutti uniti nell’intento comune del rinnovamento, se riuscissimo insieme a portare avanti le nostre idee con decisione, senza sentire addosso il peso della burocrazia, ufficiale e ‘ufficiosa’, senza fermarsi a chi dice no, senza smettere di lottare, ma con la certezza che si può e si deve, si ha l’obbligo morale di fare qualcosa. Nacque dopo quella visita la mia grande stima per la famiglia Librandi, che è riuscita in[…]

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Il Chianti nel classico ‘fiasco’, in UK è ormai solo un vago ricordo

Avevo abbozzato questo articolo poco prima delle feste natalizie ma lo sapete come funziona: tra grandi abbuffate, lunghe dormite, visite di numerosi amici e parenti, bottiglie da rispolverare e portare su dalla cantina, non si riesce a finire quello che ci si era prefissati! Tornati alla routine di lavoro estenuante ma infervorati da nuovi propositi, si ritrova nuovo slancio e nuovo vigore per dare forma definitiva a ciò che era stato iniziato. Ecco pertanto un resoconto sul tasting Chianti Classico che si è tenuto qualche tempo fa a OXO Tower ed ha dato la possibilità a ben 37 produttori di esporre i loro Chianti nelle diverse categorie: Chianti Classico, Annata, Riserva e Gran Selezione. Vi voglio raccontare l’evento attraverso le domande rivolte all’organizzatrice dell’evento, Jane Hunt MW, (da ora in avanti JH nel testo, GA sta per la sigla dell’autrice dell’intervista, Giuseppina Andreacchio) da sempre punto di riferimento del vino italiano nella eclettica Londra. GA: Anche quest’anno il tasting Chianti Classico è stato replicato e si è rivelato un nuovo successo. Considerando che in passato il vino Chianti era considerato un prodotto semplice e da supermercato, Le chiedo se secondo lei, oggi è cambiata la percezione del Chianti nella mente del consumatore inglese. JH: Penso che il consumatore medio inglese che acquista al supermercato, non riconosca la differenza tra Chianti e Chianti Classico. Coloro i quali hanno una conoscenza più approfondita del vino italiano, sono sicura che sceglieranno sempre e comunque il Classico perché lo riconoscono come prodotto superiore. Ci vorrà invece ancora un pò di tempo per introdurre sul mercato il concetto di Gran Selezione e penso che i consumatori col tempo riconosceranno che se paghi di più, di conseguenza compri un vino migliore. GA: Nel Novembre 2014 c’è stato il lancio del Chianti Gran Selezione. Qual e’ stata la risposta dall’industria del vino e dei suoi colleghi Master[…]

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Castello di Potentino: un territorio, non una denominazione

‘I never believed in following fashion’ (Non ho mai creduto nel seguire la moda): e’ questa la frase proferita da Charlotte Holton che piu’ mi ha colpito durante il tasting a Castello di Potentino, prima di Natale. C’e’ sempre un certo fascino quando una donna, aristocratica come poche, parla di territorio, di Toscana, di fare vino, di marketing e di letteratura insieme! Con alcune persone si crea una connessione mentale e di intenti inaspettata e per questo maggiormente godibile. Charlotte vive da circa 30 anni in Italia ma e’ di origini inglesi ed infatti stare al Castello ti riporta indietro nel tempo. Sembra di vivere nel periodo delle signorine Brontë, proiettati nella casa del romanzo Wuthering Heights che io ho tanto amato. Charlotte, oltre ad essere una bravissima winemaker, e’ anche una meravigliosa padrona di casa: nel suo complesso residenziale, che ha delle camere per gli ospiti, si possono assaggiare pietanze tipiche con prodotti locali e genuini. Ho avuto infatti modo di mangiare piatti squisiti. Stare al Castello e’ un’esperienza unica: dall’osservare panorami mozzafiato (il monte Amiata, visto dal basso e’ uno di questi!), all’assistere alla preparazione del grano, alle splendide passeggiate nel verde intorno, all’assaporare gli ortaggi freschi, all’incontro con persone che arrivano da ogni parte del mondo per godere dei vini di Charlotte. Insomma, se non ci siete mai stati, ve lo consiglio. E’ un ‘must’! Per comprendere i vini della tenuta, che e’ molto piccola perche’ comprende solo 6 ettari, bisogna ascoltare la descrizione di Charlotte perche’ lei conosce il territorio meglio di chiunque altro. Il micro-clima e’ perfetto: notti fresche, secche che trasportano aria durante le notti dalle vicine montagne; terreno vulcanico con una componente di scisto; tanta vegetazione; acqua nel sottosuolo; un fiume non troppo lontano; fossili; sedimentazioni marine con scheletro; piu’ di cento strati[…]

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The passion for wines and for the winemaking of the Signora del Ciro’

It is surprising what women are able to do and even more what women “of wine” can do. I want to tell you the story of Mariangella Parrilla, the Lady of Ciro’ as I like to call her! A strong woman, determined that she took over the family wine company and literally turned it upside down, according to her ideas and intuitions, with an immense dose of courage. I knew nothing of Mariangela, nor of her wines, because I had not visited the Ciro’ area for a long time. But since my friend and colleague Emilia Marinig came to visit me from London while I was in Calabria, then we took the opportunity to take a tour of the various cellars. I knew that a revolutionary group of Calabrian producers had been born for some time with the precise aim of reviving the fate of Ciro’ and making sure that this product crossed the Calabrian borders and took flight in the various foreign countries. To tell the truth, there is also another motivation perhaps even more romantic, to be sought in the fact that this group of 8 producers share the same corporate philosophy that concerns the production of traditional wines, small niche productions and wines destined only to top end restaurants. The group, which was given life by the intuitive mind of Francesco De Franco in 2008, includes the following wineries: A’Vita obviously, Cataldo Calabretta, Tenuta del Conte by Mariangela Parrilla, Sergio Arcuri, Azienda Scialanga, Assunta dell’Aquila, Francesco Fezzigna, the group that I love ironically define as the Ciro’ Boys (I don’t want to make  reference to the Boys of another famous region!), that is the supporters of the Ciro’ Revolution movement. Of the wines of Mariangela I came to really know by chance: Emilia and I stopped for[…]

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La passione per i vini e per la vinificazione della Signora del Ciro’

E’ sorprendente quello che le donne riescono a fare e ancor piu’ quello che le donne ‘del vino’ riescono a fare. Vi voglio raccontare la storia di Mariangela Parrilla, la Signora del Ciro’ come mi piace chiamarla! Una donna forte, determinata che ha preso in mano l’azienda di vino di famiglia e l’ha letteralmente stravolta, secondo le sue idee e le sue intuizioni, con una immensa dose di coraggio. Non sapevo nulla di Mariangela, ne’ dei suoi vini, perche’ non visitavo la zona di Ciro’ da molto tempo. Ma dal momento che la mia amica e collega Emilia Marinig e’ venuta a trovarmi da Londra mentre mi trovavo in Calabria, allora abbiamo approfittato per fare un giro per le varie cantine. Sapevo che era nato da qualche tempo un gruppo rivoluzionario di produttori calabresi con lo scopo ben preciso di risollevare le sorti del Ciro’ e di fare in modo che questo prodotto varcasse i confini calabresi e spiccasse il volo nei vari paesi esteri. A dire il vero esiste anche un’altra motivazione forse ancora piu’ romantica, da ricercare nel fatto che questo gruppo di 8 produttori condividono la stessa filosofia aziendale che riguarda la produzione di vini tradizionali, di piccole produzioni di nicchia e di vini destinati solamente alla ristorazione di un certo livello. Il gruppo, a cui ha dato vita la mente intuitiva di Francesco De Franco nel 2008, racchiude le seguenti aziende: A’Vita ovviamente, Cataldo Calabretta, Tenuta del Conte di Mariangela Parrilla, Sergio Arcuri, Azienda Scialanga, Assunta dell’Aquila, Francesco Fezzigna, Azienda Romano Vini di Rocco Pirito: il gruppo che io amo ironicamente definire i Ciro’ Boys (non me ne vogliate, nessun riferimento ai Boys di un’altra famosa regione!), ossia i fautori del movimento Ciro’ Revolution. Dei vini di Mariangela sono venuta a sapere davvero per caso: io ed[…]

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Castello di Gabiano: a jewel in the heart of Monferrato

There should be so many more of these ‘winemakers’ dinners’ to present and explain the Italian local varieties, at their best expression, to English consumers who, if they do not have the opportunity to travel to Italy, can easily become familiar with the truth of these wines. Let me explain in better terms. The rules of the UK market are ruthless and over time they have unfortunately sacrificed many denominations, some very niche, in the name of the ‘holy’ turnover. This has happened for example for Prosecco, Pinot Grigio, Lambrusco and other wines and vines that have been presented under a false guise to please the owners of pubs and large chain stores, but have totally distorted the image of the wine and grape variety in question. In a less overbearing way, the same has also happened with Barbera (that of Asti in this country is less famous than that of Alba), a wine that has always been presented to the consumer as a young wine, to sell mainly by the glass, lacking in great structure although with an excellent sensory profile. Barbera is not that, or better it is not only that, because if we stop to analyze the Barbera d’Asti Superiore DOCG of Monferrato, traditionally and expertly made, then we would have the opportunity to open ourselves to an unexplored world. I remember that during the dinner organized at The Petersham in Covent Garden, last month, where I was invited for the second time (I must have been good company the first time!), tasting in particular the 2004 vintage of Adornes (the first bottle was produced in 1946) of Castello di Gabiano, I was amazed and to my guests, I did not hesitate to confess: ‘in a blind tasting, I challenge the greatest wine taster to identify that[…]

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